DA SOLO, MA NON SOLTANTO di Pierre Bouilloux
Nella sua vita quotidiana il pilota francese Pierre Bouilloux disegna e progetta attrezzatura per il parapendio. Qualche volta, quando la meteo è particolarmente favorevole, molla tutto e batte un nuovo record FAI, come spesso gli succede al record di triangolo o altro. Comunque una volta all'anno mette da parte il lavoro per un tempo più lungo, prende con se un minimo di equipaggiamento e si dedica al volo-bivacco attraverso le Alpi: completamente solo, "tout seul", in volo sopra le montagne. Pierre lo ama veramente, e ci spiega come. Sono affascinato dalle zone che sono ancora intatte e selvagge, non ancora modificate dall'uomo. Durante i miei viaggi riesco ancora a trovarne di queste zone; le Alpi ne hanno ancora tante, amo le Alpi, sono le "mie" montagne e mi trovo a casa quando ci vado. Una cosa fantastica del volo-bivacco è che puoi stare in mezzo alle montagne. Tu cammini, tu voli, ma in realtà ti addentri nella natura: cammini dove non riesci a volare e voli dove non riesci a camminare. Quando passi tanto tempo circondato dalla natura hai una bella occasione per riflettere, rilassarti ed osservare. La libertà e la comunione con la natura, in nessun altro posto puoi provare esperienze come queste. Magnifico!
Una grossa riga: prima di partire raccolgo informazioni sugli spazi aerei. Ne conosco molte di queste aree, bene abbastanza da sapere se vi si può volare oppure no, se ci puoi passare ad una certa altezza perchè sono aree militari o riserve naturali - parchi. Porto con me una cartina geografica abbastanza dettagliata per farmi un'idea di massima sul percorso che farò. Non mi porto il GPS, solo un vario ed una bussola. Dopo partito generalmente faccio delle deviazioni dal percorso che mi ero prefissato: alle volte scorgo la possibilità di raggiungere un posto più velocemente, oppure rettifico i piani a causa della meteo. Non puoi prevedere tutto. Una volta ho deciso di volare da casa mia, Annecy in Francia, attraverso le Alpi e raggiungere la Slovenia. Ho chiesto consiglio ad un famoso deltaplanista che l'aveva già fatto, gli ho chiesto quale percorso fosse il migliore, quali i passaggi difficili, i problemi che aveva incontrato e come li aveva risolti. Allora lui, usando un pennarello nero, disegnò una grossa riga dritta sulle Alpi e disse: "Non chiedermi tutte queste cose" poi continuò "Generalmente puoi volare dappertutto ma, ovviamente, alcune traiettorie sono migliori e se fai la scelta sbagliata devi poi camminare di più; volendo però, potresti attraversare tutte le Alpi in volo!"
Niente errori: qual'è il sistema per volare tratti di 20-35 Km in una zona sconosciuta? Nella mia regione conosco tutti i "segreti" per riuscire in certi determinati passaggi di cross. In una zona nuova invece non li posso conoscere e quindi devo valutare molto bene e fare le scelte giuste per passare; se poi è anche un'area che non puoi fartela a piedi allora è un'emozione forte se la tua idea funziona e ce la fai. Ci vuole molta concentrazione per evitare errori, e questo è quello che mi è successo viaggiando. Un errore vuol dire non trovare più termiche per salire, atterrare in basso e poi dover andare a piedi per tornare su. Una volta mi è successo che dopo un errore simile ho dovuto camminare per sei ore per raggiungere il prossimo decollo. Ecco perchè mi sento sempre meglio se riesco a volare alto in una valle. Se sai termicare bene puoi guardare il panorama mentre stai salendo, è una cosa bellissima: puoi ritrovarti a volare appena sopra gli alberi e senza via di uscita poi arriva una termica a salvarti e sali sopra il bosco, sopra le rocce, la neve, il ghiaccio e alla fine sopra ogni cosa, fino alla base delle nubi. E' una cosa fuori dal mondo.
In mezzo alle montagne: le condizioni migliori per un volo-bivacco sono una zona di alta pressione e poco vento. Cerco di volare sempre alto ad un'altitudine compresa tra 1500-3000m. E' impressionante volare a questa altitudine: il panorama è bellissimo. Fa freddo e quando le rocce sono circondate da zone innevate qui potete trovare quasi sempre delle termiche. Inoltre c'è un'altro vantaggio da considerare, che qui troverete sempre disponibile acqua fresca e pulita che sgorga direttamente dalle montagne. Il numero di chilometri che volo al giorno non è importante, sono più interessato alla bellezza del volo. Ovviamente se riesco a volare per 100Km o più in un colpo solo è divertente, ma spesso riesco a fare voli più tecnici, e quindi più divertenti, di 15km circa. L'atterraggio, la fine di un volo, in qualunque posto possa avvenire, è sempre una sorpresa; girando l'ultima termica con lo sguardo cerchi un bel posto dove trascorrere la notte: guardi se c'è l'acqua, un terreno pianeggiante e la possibilità di ridecollare il giorno dopo, e magari anche un pastore con le pecore. Poi, quando lo trovi e stai per atterrare, una termica inaspettata e fantastica ti rapisce e vai oltre!
Molto stanco: l'atterraggio è sempre ingannevole. Quasi sempre state volando da un paio di ore ed improvvisamente dovete atterrare in un piccolo atterraggio, tra le rocce e tra grossi massi. Fino ad ora non mi sono mai fatto realmente male, solo un paio di leggere lesioni. Preferisco fare l'avvicinamento finale da un'altezza di circa 200m in modo da avere abbastanza tempo per giudicare se l'atterraggio potrà avvenire in sicurezza; sono felice se riesco a farlo bene così da non dovermi pentire e rodermi dentro per tutta la sera pensando a quanto sono stato scarso. Il posto per bivaccare dovrebbe essere assolutamente bello! Dopo tutto dovrete trascorrervi la sera, tutta la notte e gran parte della mattinata. Una cosa interessante di quel posto è che continuate ad avvertire i dintorni, lo spazio circostante, in modo particolare vivendole da prospettive diverse: prima lo vedete in volo, poi stando a terra la sera, poi con una luce diversa la mattina dopo, il posto e le montagne vi appariranno completamente diversi. Naturalmente è importante che ci sia acqua disponibile, come pure un buon punto per ripartire il giorno seguente. Una volta atterrato, alle volte sei così stanco che hai solo voglia di sdraiarti e nient'altro. Non dovete farlo, anche se siete distrutti; dovete prendervi cura di voi stessi, questo è il modo migliore per mantenervi forti mentalmente e quindi evitare problemi fisici. Porto con me un piccolo kit di pronto soccorso che contiene anche disinfettante, sapone ed altre cose per l'igiene e la cura personale. Mantenersi puliti è assolutamente necessario e richiede una grande disciplina.
Troppo peso: e' importante rimanere caldi specialmente la sera quando siete stanchi. Gli unici vestiti che porto con me sono fatti con materiale che si asciuga rapidamente. Li lavo nei fiumi e per asciugarli li appendo dietro allo zaino mentre cammino. Ora fanno delle giacche e dei pantaloni in Goretex molto sottili e leggeri; se indossate biancheria intima comoda e poi indumenti felpati o in pile sarete in grado di andare in volo e stare caldi. I miei scarponi sono in pelle e Goretex, sono vecchi ma di loro mi fido completamente; sarà un grosso problema quando deciderò di comperarne di nuovi! Porto con me un materassino gonfiabile ed un sacco a pelo per un totale di 800 grammi. La tenda me la sono autocostruita perchè quelle in commercio non sono abbastanza buone e, cosa molto importante, sono troppo pesanti. La tenda è estremamente importante: vi evita lo stress di rimanere asciutti. Quella che ho adesso pesa 700g e la monto in due secondi; è fatta di leggero rip-stop e tutti i pezzi di cui è composta sono incollati tra di loro. Il fondo è in mylar perchè più resistente. La struttura montante ed anche i paletti di fissaggio sono in vetro-resina.
Di nuovo in volo: la mattina la prima cosa da fare è valutare la meteo tramite l'osservazione. Presenza di nubi sul versante est delle montagne già di primo mattino significa instabilità ed alta possibilità di temporali nel corso della giornata. In questo caso è meglio scegliere di andare in volo presto ed atterrare presto. Potete anche tener conto del vento ma di solito non vi rendete conto della situazione reale fin quando non siete in volo: per esempio, in aria c'è troppa turbolenza, oppure il vento sta aumentando velocemente, o le nubi si stanno ingrossando troppo. E' molto importante aver familiarità e buon controllo del vostro parapendio, come pure è importante saper atterrare velocemente ed in zone ristrette. Quando sono in volo non guardo solo dove sono le termiche e quale strada fare ma anche tengo d'occhio l'evoluzione del tempo, voglio assicurarmi di non avere sorprese.
Non ci sono le condizioni per volare: se è troppo pericoloso, se il vento è troppo forte o c'è un temporale, decido allora di procedere a piedi oppure mi fermo dove ho bivaccato. Sono veramente terrorizzato dai temporali: una volta ho lasciato tutte le mie cose in cima alla montagna e sono corso giù a riparami in un posto più sicuro. Alle volte potete sentire l'elettricità, è come uno sciame di api. Alle volte non succede niente, alle volte è più forte di altre: i fulmini sono terrificanti e quello che potete fare è solamente pregare perchè, lo sapete, voi siete assolutamente nulla. Ma stare tra le montagne con il maltempo può essere anche bello specialmente sulle Alpi con tutte quelle nubi; allora diventa piacevole avere qualcosa da fare: io scrivo, ascolto musica (porto sempre un paio di CD con me) o suono l'armonica. Psicologicamente è meglio tenersi in movimento, magari non tutto il giorno ma certamente deve rappresentare la regola quotidiana. Questo significa che dovete camminare. Lo zaino che ho disegnato pesa 1100g ed ha una capacità di 110 litri. E' costruito in modo tale che quando ho dentro il parapendio mantiene una sua struttura. Il poncho antipioggia pesa 100g. Il mio fisico non è particolarmente forte quindi il peso totale delle cose da portare non supera i 20Kg.
Un solo problema: preferisco fare il volo-bivacco da solo. Solo così avete la totale libertà di prendere le decisioni ed inoltre è più facile avvicinare ed avere contatti con la gente. Ho avuto delle belle esperienze con i pastori: una volta sono rimasto due giorni assieme ad un pastore, l'ho aiutato imparando molte cose su come tener testa ad un gregge. Ogni tanto si trovano pastori molto interessanti: hanno letto molto, amano suonare, fanno cose interessanti nel posto che hanno scelto di trascorrere la loro vita. Non è raro riscontrare che la nostra filosofia di vita si assomiglia molto. Incontro moltissimi animali durante i miei viaggi, come i caprioli che non finiranno mai di stupirmi: sono in grado di alzarsi in piedi su pendii ripidissimi, gli adulti di solito non scappano via quando ci volo vicino. Per i giovani invece il discorso è diverso: fuggono via e se si trovano su terreni rocciosi è facile che uno di loro cada. Volo spesso con le aquile, non se ne vanno via. Con le aquile c'è un solo problema: loro volano meglio.
Niente cazzate: porto con me solo il minimo necessario, questo è quello che voglio. Amo viaggiare per un paio di settimane con praticamente nulla. Lascio a casa tutte le cazzate che rendono la vita così caotica e complicata: il telefonino, il computer, lo stile di vita solito, tutte cose che non vi rendono felici. Prendo le cose buone da mangiare e tutto quello che mi piace strada facendo. Cerco di fare provvista per i successivi 5 giorni, l'ultima volta per i successivi 10 giorni e questo è stato un problema quando nella mia tenda volevo stare seduto a suonare la mia armonica occupandone metà spazio: l'altra metà se la prendeva il cibo! Riesco spesso a trovare un rifugio di montagna per andare ad acquistare del cibo. Non mi porto il fornellino, porterei più volentieri con me altre armoniche da suonare! Non uso pentole, nessuna. Porto solo alcuni fiammiferi così da poter fare un piccolo fuoco su cui preparare del cibo caldo usando un pentolino. Pressato dalla mia famiglia recentemente ho iniziato a portarmi dietro il telefonino da usare solo in caso di emergenza, ma tende a rovinare un po il sogno. Il mio sogno è di essere completamente tagliato fuori dal mondo e dai lussi che esso offre. L'idea è di vivere alla giornata.
Chiunque pensi che un viaggio del genere sia una passeggiata si sbaglia di grosso: potreste avere delle brutte chiusure in volo, oppure farvi male. Ironicamente anche questi fanno parte dei motivi per cui faccio questi viaggi, sono curioso di vedere come il mio cervello reagisce anche nelle situazioni difficili. Potete passare dei momenti di profonda depressione e non sapere più cosa fare, poi improvvisamente ritrovare la forza di continuare. Nei primi giorni del viaggio mi ritengo vulnerabile: tutto deve essere perfetto e non riesco ad essere felice. Dopo alcuni giorni invece le cose cambiano, inizio ad essere psicologicamente più forte e sono felice anche quando le cose non vanno bene, poi, verso la fine del viaggio, sento di essere dentro il sogno.
traduzione di Marco Zonca
di Carla Beekman da Cross Country Magazine – www.xcmag.com - prima traduzione in inglese di Sandra R. Reijnhart
LA STORIA, IL VAGABONDO DEL CIELO di Didier Favre
Nato a Sion in Svizzera, fu uno dei pionieri del deltaplano nel 1978 e poi campione nazionale svizzero nel 1984. Fu giornalista ed successivamente lavorò nel settore dell'elettronica, ma in seguito decise di dedicarsi interamente al volo bivacco. Nel 1989 arrivò in cinque giorni di volo da Chamonix a Nizza; nel 1990 volo' da Chamonix al Tirolo e in seguito da Fiesh a Briancon, passando per l'Italia. Nel 1991 supero' tutto l'arco alpino, percorrendo oltre 444Km in 15 giorni; infine nel 1993 volo' dal Principato di Monaco fino alla Slovenia, passando per la Francia, L'Italia, la Svizzera e l'Austria per un totale di ben 555Km. Oltre al volo bivacco, sul quale ha anche girato un film e scritto un libro, Didier si dedicava molto alla difesa dell'ambiente. L'anno seguente lavoro' come collaudatore per un prototipo che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo del volo libero, un'ala che non ebbe seguito con la quale purtroppo perse la vita. Didier Favre invento' il modo piu' bello e affascinante di volare, il volo bivacco. Il volo bivacco consiste nel viaggiare per lungo tempo muniti solo di un deltaplano, senza motore, e senza nessun aiuto esterno. Ogni giorno si percorrono svariati chilometri, atterrando su una vetta e pronti a ripartire il giorno seguente. L'equipaggiamento e' ridotto al minimo essenziale e per mangiare, spesso l'unica soluzione e' contare sull'ospitalità di un pastore. E' un modo di vivere a stretto contatto con la natura, ma tuttavia richiede una notevole esperienza di volo e quindi rimane alla portata di pochi; in effetti Didier Favre fu il campione Svizzero di deltaplano e stabili' anche dei record di distanza.
Dal suo diario:
Mt-Jovet, 17 luglio 1989
"La scelta della strada da scegliere non e' evidente. Questa zona di volo mi e' totalmente estranea, Decolliamo e lasciamo giocare l'istinto. Il naso nelle nuvole per reperire il moto ascendente, risalgo il ruscello del Doron fino alla sua sorgente ghiacciata, costeggio il duomo dell'Arpont per oscillare po su Modane. La valle di Maurienne e' molto agitata e il vento scuote con forza la mia ala. Bisogna che vada via al piu' presto. Nell'impossibilità di prendere il tunnel del Frejus, sorvolo. Un'aquila mi accompagna. Una mezz'ora piu' tardi vicino a Bardonecchia in Italia, sotto il vento della montagna, e' una discesa infernale fino a cento metri dal suolo. Malgrado le condizioni estremamente turbolente, non c'e' verso di atterrare. Non c'e' che una sola uscita, ed e' in alto. Mi appoggio su un monticello e arrivo a soffocare la paura dell'altitudine. Delle ventate di aria calda mi issano violentemente a qualche decina di metri poi mi lasciano cadere. La giostra dura piu' di un'ora ma il risultato e' positivo. Dal monticello raggiungo il versante nord della montagna, l'ascensione diventa sempre piu' evidente. All'ombra delle nuvole, a piu' di 3000 metri, e' la festa. Il calore delle profondità ha lasciato il posto alla freschezza delle altezze, l'eccitazione alla serenità, i dubbi alla sicurezza, l'agitazione all'armonia. I miei occhi abbracciano il paesaggio a 360 gradi. Tutto e' voluttà e bellezza, un incitamento alla contemplazione, alla venerazione per questa natura e a questa ala che la fa scomparire. Privilegio supremo degli uomini-uccelli, sogno e realtà si confondono. Con una planata cancello un'altra volta la frontiera per ritornare in Francia; piacere e ascendenza termica si dividono con una planata sul monte Janus, strapiombante il Monginevro. Il sole muore, l'ombra ricopre delle pareti lisce che collegano alle foreste fino a Briancon e rende questi luoghi inospitali per un bivacco. Cercando l'angolo propizio, risalgo faticosamente verso nord. Arrivato in cima e' la rivelazione. D'un tratto si rivela il massiccio del Queyras. Sotto i miei occhi il lago dell'Ascensione e i suoi tre picchi fratelli si dividono un altopiano di un verde cangiante. In piu' la luna, l'acqua e le marmotte, a 2350 metri. Il top contropendio sopra un tappeto d'erba a ridosso del piccolo lago si fa con scioltezza con la punta dei piedi per non disturbare, piu' in la una capanna di un pastore che mi ospita offrendomi un alloggio, un pezzo di carne secca e del latte condensato, i soli alimenti portati compongono il festino annaffiato dall'acqua della sorgente vicina. Qualche panca usata come letto, l'armonia tace. Tutto e' semplice, tutto e' buono."
Combeau, France, 10 luglio 1989
"Un solo volo e tutto e' cancellato. Decollo da St-Andre'-les-Alpes nella speranza di rimontare la Svizzera. Cinque ore piu' tardi, atterro vicino a dei montoni, sul colle del Seigneur tra la piccola e la grande Autanne dell'est de Gap; 80Km di piacere avendo come tappa la traversata del lago incantato di Serre Poncon a tremila metri d'altitudine. Avendo la pancia vuota, Pierre Michel, il pastore, mi offre qualcosa per nutrirmi per parecchi giorni e mi indica una capanna per l'alloggio. Sulla porta c'e' scritto: "Cabane di Combeau. BENVENUTI, site come a casa vostra". Pulizia, rusticita' e generosità sono le tre qualità che mi colpiscono una volta entrati. Sotto ai barattoli del the', del caffè e del sale: "Tutto e' a vostra disposizione"."
Incontro con Gisella la moglie del pastore; Colle di Vars, France, 26 luglio 1991
"Senza alcuno sforzo per mantenermi in aria, compio un'evoluzione sotto una nuvola. Con dolcezza mi fa passare il colle del Vars dietro al quale atterro. Sono le ore 20:00. L'ala e' ben piegata, sebbene poco soddisfatta di questa giornata. Raggiungo il gregge di montoni che bruca qualche centinaia di metri piu' in la'. Mentre mi avvicino tre cani mi vengono incontro abbaiando e saltando senza pero' impressionarmi. Imbacuccato in quattro strati di vestiti tanto fa freddo, scorgo la padrona, la moglie del padrone. Dall'inferno passo al paradiso, rapidamente fraternizziamo. La sua capanna e' un oasi di pace. Mentre mi occupo del fuoco, lei prepara da mangiare, una vera festa che si conclude con un generoso Genepi (erba e liquore). Tutto e' così buono... Gisella mi parla con amore fino a notte inoltrata del suo mestiere, dei suoi mufloni, della natura anche se il prezzo da pagare si chiama solitudine. Come Claude, Marc, Philippe e molti altri pastori che ho incontrato, Gisella e' una pastorella transumante, purtroppo, per la prima volta in quest'anno queste pecore sono sta trasportate con il camion. e questo a lei dispiace. Una volta arrivava a piedi con tutta la sua colonia mettendoci tre settimane, percorreva i 250Km che la separavano dai suoi quartieri invernali nel Var. Il bivacco lei lo conosce e lo apprezza. Il fuoco crepita, l'unico letto oc-cupa meta' del-l'unica stanza. Tutto d'un tratto la bacchetta ma-gica, la fata bi-vacco ha trasfo-rmato l'universo. Eccomi ripio-mbato nel piu' caldo ambiente che non oserei includere nei miei piu' pazzi sogni. Tormenti, miserie, noie sono spazzati via. Prendo alcuni materassi nel granaio che si trova sopra l'unica stanza nella capanna dove dorme Gisella. E' tutto cio' che serve per il mio confort."
Incontro con un'aquila: La Rosiere 26 luglio 1992
"Alla base dell'ascendenza nella quale mi trovo un'aquila si mette a girare e si avvicina. E' almeno la decima aquila da quando sono partito dalla Costa Azzurra. Ogni volta e' la stessa emozione, lo stesso piacere, lo stesso sentimento di connivenza. Essere nella scia reale e' la consacrazione del volo. E' un aquila giovane, lo si riconosce da alcuni punti bianchi che ha sulle ali e sulla coda. La sua apertura alare supera i due metri, la mia e' cinque volte piu' ampia. Nessun timore ne' aggressività da parte sua: da molto tempo ormai le aquile hanno accettato le nostre ali e le attaccano piu'. Talvolta, mentre mi occupo dell'ascendenza, ho il sentimento di conservare la distanza che ci separa, ma ad ogni primo scarto da parte mia, alla prima mancanza di destrezza, lei si allontana. Per lei tutto e' facile, riesce a gestire direttamente le imperfezioni della termica, gioca con le ali mentre io non ho che l'effetto di bilanciamento del mio corpo per influire sulla mia ala. Giunta alla mia altezza, mi osserva con calma. Voliamo insieme per tre o quattro secondi che rovino manipolando la mia macchina fotografica per immortalare l'avvenimento. Poi mi supera di cento metri e mi abbandona alla mia termica che perde la sua virulenza..."
La folle traversata delle Alpi - Meteo avversa, 20 Giugno 1993
Esattamente un anno dopo il mio primo tentativo di attraversare le Alpi, eccomi di nuovo nello stesso posto: Sospel, nell'entroterra del Principato di Monaco. Le condizioni meteo però sono molto diverse. L'anno scorso ho dovuto attendere 10 giorni per lasciare questo posto, quest'anno le termiche sono "fumanti". Proprio davanti al decollo leggermente sulla destra la "pompe de service" mi aspetta e mi porta a base cumulo a 8 metri al secondo. Il mio amico Patrick Guerne è l'unico testimone, emozionato di vedermi partire con destinazione Slovenia: mi riprende con una telecamera.
Le difficoltà non tardano. Dopo una quindicina di chilometri, mi rendo rapidamente conto che mi sarà impossibile proseguire.
Il "Col du Turini" è perduto tra le nubi che ricoprono tutta la montagna. La mia ala non ha la solita maneggevolezza e mi obbliga costantemente a controllare la velocità. Si impone l'atterraggio.
Dove? E' il grande interrogativo, perchè fino a quel momento non me ne ero minimamente preoccupato. Non ci sono terreni pianeggianti, e nemmeno qualche piccolo pendio senza ostacoli. Infine decido per un minuscolo campo circondato da alberi da frutta, parzialmente falciato e preceduto da una linea elettrica. Come se tutto ciò non bastasse un bel vento di coda aumenta la difficoltà.
Bell'inizio! Sarebbe troppo stupido rompere l'ala al primo volo.
Non ho altra soluzione che atterrare sulle rotelle fissate alla barra di controllo e frenare l'ala lanciata a tutta velocità a causa del vento dietro, strisciando col corpo sul suolo. Il bordo d'attacco si ferma a 30 centimetri da un prugno. Che brivido!
Ripiegando l'ala mi accorgo che durante il montaggio avevo dimenticato di mettere il "nasetto". Il problema di maneggevolezza è spiegato. Questa è la prima lezione che mi dimostra che non sono ancora in sintonia. Sono scoppiato, non ho ancora recuperato dalla corsa che ho fatto ieri dal bordo del mare (Monaco) a Sospel.
Ci tenevo a fare questa strada a piedi. Piuttosto che risalire a piedi con l'ala in spalla, preferisco ritornare in taxi al decollo iniziale e ricominciare da capo. Ho ancora questa ultima chance, perchè una volta in strada non avrò più diritto ad alcun altro mezzo di locomozione che la mia ala e le mie gambe. Approfittiamo un'ultima volta per il ritorno alla casella di partenza.
La folle traversata delle Alpi - Sembra di essere nel Far-West, 23 Giugno - 3 Luglio
Il Mistral interrompe il mio volo sulle alture del Grande Seolane e mi tiene a terra per parecchi giorni. Dopo il Mistral i temporali. C'est ma chance! Il bel tempo mi avrebbe fatto cancellare questa meravigliosa regione con un colpo d'ala. Fortunatamente vento e pioggia mi permettono di scoprirla ed incontrare i personaggi che vi abitano. Nel Vallone di Laverq, i pastori sorvegliano i montoni stando sulle loro cavalcature. Hanno un'aria fiera. Marcel, coi suoi baffi autoritari, fa mostra di carattere; è lui il capo. Regna come un signore sulle sue terre. André, nel suo grande mantello verde che deborda sul posteriore del suo cavallo bianco, è tutta calma e dolcezza: e suo figlio. Fransoise, l'adolescente con la pettinatura "afro", li accompagna. Verosimilmente sembra avere trovato il suo ideale di vita in questa vallata sconosciuta dal mondo.
Disegno di Jean Pierre Petit
Al borgo un colonnello in pensione veglia sulla chiesa e sul paese; strana coabitazione che sembra funzionare perfettamente. Il fatto è che il colonnello Silve, vecchio comandante del reggimento di Briancon, è di pasta buona. Me ne stupisco poichè mi aspettavo di trovarmi davanti un uomo rigido ed autoritario. "La guerra, la montagna, la natura e i miei otto figli mi hanno fatto così" mi spiega il colonnello. Con sua moglie ed alcuni amici dell'abbazia, dedica buona parte del suo tempo a fare di Laverq un luogo privilegiato dove gli amanti della natura sono i benvenuti.
Dall'altra parte del passo di Séstrière, presso la stazione La Foux d'Allos, che è deturpata da un'enorme costruzione di cemento, due pastori vivono uno di fianco all'altro, senza ancora avere avuto il tempo di conoscersi .
Lionei un ragazzo della periferia di Toulon dimostra una maturità ed una saggezza esemplari: è innamorato della natura e per niente al mondo vorrebbe fare un altro mestiere. "Faccio il più bel lavoro del mondo, quello del pastore" mi dice con la convinzione dei suoi 20 anni, poi aggiunge citando "Il piccolo principe" di Saint Exupery: "La gente si stupisce che io non abbia acqua corrente ne elettricità e mi domanda spesso: come va? Quello che vorrei che mi chiedessero è: come va il tuo gregge?"
L'altro pastore si chiama Yannick; lo conobbi l'anno scorso nel mio primo tentativo della traversata delle Alpi, in una meravigliosa regione che mi aveva profondamente segnato, la Galèbre. Suonando parecchi strumenti, mi aveva insegnato i rudimenti del blues per l'armonica. Il ritrovarsi allietato dalle bevute, è caloroso e ritmato dal 'iembé", un tam-tam africano.
Yannick è selvaggio, taciturno, pieno di libertà, di natura e del suo lavoro.
La folle traversata delle Alpi - Cinque anni per arrivare in Russia
Sul passo di Allos su cui passa una strada carrozzabile, percepisco qualcosa di strano. Mi sembra di sognare. Un'enorme barba grigia, un grande sorriso, una coda di cavallo e un cappello da cow-boy. E' Irek, un danese che due anni fa si è costruito una roulotte sul telaio di una citroen e si è messo in viaggio coi suoi due cavalli, due polli e un gallo. E' un incontro intenso e caloroso tra un vagabondo della strada e un vagabondo dell'aria. Lui conta di attraversare le Alpi e raggiungere la Russia in cinque anni...
Privilegio supremo, dopo il passaggio dell'aquila, presso la Grande Seolane, ricevo la visita del più grande uccello delle alpi: il gheppio barbuto. Appena sopra la mia testa, si ferma un attimo, poi sparisce dietro al rilievo alla ricerca di una carogna.
La folle traversata delle Alpi - 20 Luglio 93
Ho lasciato La Plagne come un ladro, alle prime luci dell'alba, dopo parecchi giorni di cattivo tempo per atterrare all’alpeggio di Entre Deux Nantes, dietro la stazione di Arcs. Dal Purgatorio arrivo al Paradiso lasciando la sofisticazione per la semplicità. La vita di Jean Poccard non è facile, si alza alla mattina alle tre e mezzo e va a letto la sera alle nove e mezzo, tuttavia lui la passa cantando. Questo padre di sette figli è uno degli ultimi artigiani formaggeri che fabbrica il formaggio di Beaufort all'alpeggio. Ne è fiero, così come lo è di suo figlio Pierre che si è appena laureato e che conta di riprendere il suo posto all'alpeggio. Jean è inesauribile, felice di dividere la passione del suo mestiere con questo ospite che viaggia volando. Per dormire, mi spetta un'insolita camera da letto: la formaggeria, tra le enormi vasche e le imponenti pile di formaggi.
La folle traversata delle Alpi - L'inversione delle parti, 27 Luglio 93
Lascio la Francia per la porta principale dopo aver solleticato il ghiacciaio di Mt. Pourrv e sorvolato il Lago di Chevrille, presso Tigne e Val d'Isère. A 3400 metri di altitudine mi godo il ghiacciaio di Ruitor attraversato da sei alpinisti. Lo spettacolo è tanto più grandioso quanto più vicino volo al ghiacciaio, sopra i seracchi ed i crepacci che posso osservare in profondità. Una volta passata la cresta ho qualche problema, di breve durata, a causa delle discendenze un po' forti, che però hanno il vantaggio di avvicinarmi a 5 o 6 laghi, uno più bello dell'altro, che riposano ai piedi del ghiacciaio, presso un rifugio alpino.
Quanta gente intorno al rifugio: ci sono decine di persone a guardare questo privilegiato che con un magico colpo d'ala sorvola il ghiacciaio e spirala tranquillamente per riprendere quota...
Attraverso la Valle d'Aosta e mi trovo in difficoltà, molto basso dall'altra parte. Un vento salvatore che soffia stranamente da ovest, mi issa infine sulle cime dove mi aspettano tre aquile con le quali volo in pieno accordo per una dozzina di cerchi. Una di esse si posa su una roccia e mi guarda. Scena insolita e sorprendente in cui è l'uccello, a terra, che osserva l'uomo in aria. Sono ad un centinaio di metri da lei, sforzandomi invano di guadagnare quota e girando in una termica recalcitrante. Perdo quota e, ad ogni virata, mi avvicino all'aquila. Infine mi avvicino troppo e se ne va.
In lontananza il colle (passo) del Gran San Bernardo, frontiera tra Italia e Svizzera verso il quale mi dirigo. Un vento da nord mi impedisce di raggiungerlo. Prima di perdere ancora altitudine, atterro sulla cima di Crevacol, dove c’è una capanna di sassi. La pendenza è molto ripida, il vento discendente è forte e irregolare e mi rende difficile la manovra di atterraggio. All'ultimo momento, proprio prima di toccare il suolo, passo da un sole abbagliante all'ombra e mi ritrovo cieco per qualche secondo. Il contatto è rude e mi fa piegare i montanti del trapezio.
A casa del pastore del posto riesco a raddrizzarne uno, ma l'altro è da buttare. Fortunatamente ne ho con me due di ricambio, ben sapendo che i montanti sono la parte più delicata dell'ala. Essi giocano il ruolo di fusibili, evitando così di rompere altre parti dell'ala che, per ragioni evidenti di peso e di volume, non posso portare con me.
La folle traversata delle Alpi - In trappola, 14 Agosto 93
Appena prima di Chur, nel vaIlone di Vattis, mi trovo in grandi difficoltà. In pochi minuti ho perduto tutta la quota, a causa di un vento turbolento fino a 100 metri dal suolo. Atterrare in questo luogo perduto sarebbe una catastrofe e forse la fine del viaggio. Sono prigioniero di pareti rocciose e foreste "appuntite". In fondo alla valle un bacino di raccolta lungo diverse centinaia di metri mi impedisce di uscire dal basso.
E' una trappola. Non ci sono strade ne sentieri per raggiungere gli alpeggi, salvo essere predisposti alla scalata. Con tutto il mio carico non ho alcuna chance.
Non c'è che una soluzione per evitare il peggio: uscire dall'alto con le mie ali. Nel punto in cui la vallata fa un gomito, scavato dal letto di una cascata, riesco ad arrestare l' emorragia di altitudine ed a mantenermi all'altezza di uno chalet nascosto tra gli alberi. E' così vicino che posso contarne le tegole. Poco a poco riesco a rubacchiare qualche metro e dopo un'ora di lotta e concentrazione è la liberazione! E navigo infine ad un'altezza più confortevole. Questo piccolo miracolo lo devo al Foehn, che si è alzato e che non tarda a mostrarsi maligno. Soffia da sud in modo irregolare e a volte violento obbligandomi ad aggrapparmi alla barra di controllo con una forza inabituale che mi affatica fisicamente e nervosamente. Sono sottovento e sotto le cime, cosa che non facilita certo il mio compito.
Quando le raffiche diventano troppo turbolente fuggo in direzione della pianura dove questi piccoli corsi d'acqua diventano la più importante arteria fluviale d'Europa, il Reno.
Sorvolo Landquart e mi lascio portare dal vento sfruttando ogni soffio d'aria, non tanto nella speranza di guadagnare quota, quanto per non perdere troppo. Più avanti ai piedi del monte Vilan il vento se ne va verso l'alto: conto di fare altrettanto. E' una scuola di pazienza. Non avere mai fretta, negoziare ogni metro, esigere dall'ala tutto il suo potenziale di volo. Con la vallata che si apre le turbolenze dovute ai rilievi sono scomparse, al pilotaggio muscoloso si sostituiscono dolcezza e finezza; alcune rondini cacciano gli insetti, delle ali, parapendio e delta, provenienti da non so dove atterrano in un campo vicino, i gerani fioriscono ai balconi di Malans: è proprio ora che io trovi un'ascendenza.
Le cime degli alberi non sono che a qualche metro. Ho l'imbrago aperto nell'eventualità di un atterraggio. In mezzo a quegli alberi il margine di manovra è ridotto e ci sono bolle irregolari che bisogna prendere al volo cabrando l'ala. Mi trasformo in trapezista e a forza di contorsioni arrivo alla cima del monte Vilan. Atterro sulla punta del Monte Chruz a 2200 metri. Che volo!
Piegata l'ala prendo il sentiero per raggiungere un rifugio che ho visto dall'alto. Di colpo mi fermo e resto immobile. A 5 metri su un grande sasso si erge un'aquila, immobile anche lei. Non mi ha visto e torno subito indietro per prendere la macchina fotografica. Le pulsazioni sono al massimo. Incredibile: un'aquila è là, al suolo, a qualche metro e non sospetta la mia presenza. Senza rumore la aggiro nascosto dal rilievo. Per fotografarla da vicino non ho altra scelta che alzarmi di colpo e sorprenderla. Arrivo a due metri da lei, faccia a faccia. Emette un grido acuto e vola via in attimo. La foto è mancata: nello stress ho regolato male l'apparecchio.
La folle traversata delle Alpi - Perduto nel bosco, 23 Agosto 93
Ho portato l'ala fino al rifugio di Obstansersee, nel Tirolo austriaco, prima di ridiscendere di corsa al villaggio di Kartitsch per riprendere il resto della mia roba. Per guadagnare un quarto d'ora scelgo una scorciatoia attraverso la foresta... è il sentiero dei boscaioli che muore presso alcuni grandi alberi tagliati. Che fare? Invertire il cammino o proseguire nel bosco col mio grande sacco sulla schiena alla ricerca di un altro sentiero? Proseguo senza trovare altro che una foresta sempre più inospitale. Sopraggiunge la notte e mi impone un bivacco; proseguire sarebbe troppo pericoloso, preferisco rinunciare al confort del rifugio e affrontare il freddo sul posto con la sottotuta di Polartec come unico pantalone e il mio sacco a pelo di 700 grammi.
Malgrado il freddo la notte è piacevole; prima di bere devo sgelare l'acqua della borraccia.
Un imponente costone mi impone di ridiscendere al fondo del vallone. Per fortuna che ieri non ho insistito per raggiungere il rifugio. Scendendo i pendii ripidi e sassosi mi trovo spesso al limite dell'aderenza. Il volo bivacco presenta meno pericoli nel suo aspetto aereo che in queste situazioni. Una scivolata e mi troverei 50 metri più basso, solo, e senza speranza di essere soccorso. Lontano dal disperarmi, rido di queste complicazioni che completano così bene l'avventura. Mettere tutta l'attenzione al piede che avanza, al sasso che scivola, alla roccia su cui si aggrappano le dita, aiutarsi col bastone per tenere l'equilibrio, arrangiarsi per saltare un fosso, superare uno a uno tutti questi ostacoli senza poter sbagliare, è una sensazione inebriante. Poco importa il tempo che passa, l'energia profusa, il decollo ritardato: il momento è intenso stimolato dall'incertezza della riuscita.
Tutto questo per guadagnare un quarto d'ora...
La folle traversata delle Alpi - Masse d'aria contrastanti, 30 Agosto 93
30 Agosto 93 - La notte è un susseguirsi di scivolate che interrompono il sonno. Non avendo trovato un terreno pianeggiante per il bivacco, ho dovuto accontentarmi di una terrazza erbosa leggermente in pendenza. Per combattere l'umidità del suolo, ho preso l'abitudine di infilarmi nella vela dell'aquilone che però ha lo svantaggio di essere molto scivolosa, tanto più che anche il sacco a pelo ha una superficie molto liscia. Ogni volta che riesco a prendere sonno, scivolo in fondo all'aquilone e mi sveglio per ritornare in cima al mio letto-toboga.
A causa di un considerevole contrasto di due masse d'aria non posso prendere il volo. A destra l'aria continentale offre un paesaggio invitante con dei plafond a oltre 3500 metri. Il cielo è cosparso di meravigliosi cumuli bianchi con la base scura e perfettamente disegnata. Sulla mia sinistra, nella direzione in cui dovrei andare, la massa d'aria marina fa condensare le nuvole più in basso di dove mi trovo. Ogni tanto mi avvolge avviluppandomi in una bianca ovatta. Incredibile scena che si svolge davanti ai miei occhi e che non mi fa rimpiangere di essere inchiodato al suolo.
La folle traversata delle Alpi - Bianca: unico aiuto "ecologico", 30 Agosto 93
Nei pressi della cima del monte Volaia, vicino alle fortificazioni dell'ultima guerra, sono in buona posizione per il decollo, a parte qualche raffica che soffia ogni tanto di coda. Che fare? Prendere o no il rischio di decollare in queste condizioni e così vicino alla meta finale? Il minimo errore ed è la fine, così vicino al traguardo. In altre circostanze, fuori dal volo bivacco, non avrei avuto nemmeno un esitazione. Aspetto il momento ideale in cui una termica possa creare un vento frontale più consistente rispetto al vento meteo. Alle 14 in punto il segnavento attaccato al cavo dà un fremito e si gira nel senso giusto: è il momento. Ci dò dentro e decollo senza problemi.
Dopo un'ora di volo e 30 km un piccolo errore di valutazione mi porta sottovento di una cresta. Tre minuti più tardi sono atterrato in fondo ad un vallone in un pascolo verde circondato da alberi e cespugli di rose. Sorrido. Non m'importa di avere "bucato" li, sono felice di essere uscito da una brutta situazione e di essermi avvicinato alla meta finale, la Slovenia, che ormai è ad appena 40 Km. Tra le campane delle mucche e delle pecore, mentre smonto l'ala, sento un forte raglio: ci deve essere un asino che pascola nei paraggi. Nella mezzora che segue il mio arrivo sono ospite di Arturo all'alpeggio di Ramaz, che è a tavola con altri tre pastori, felice di poter parlare di nuovo in italiano.
Nel Tirolo del sud la gente parla solo tedesco. Arturo taglia la polenta col filo poi la distribuisce insieme a del formaggio, fatto in casa, ed un grosso bicchiere di rosso. Mi godo questo momento di grande armonia assaporandolo lentamente.
Bianca, l'asina di 14 anni, non porta carichi da un bel pezzo. Arturo le mette il basto rispolverato per la circostanza e vi fissa due appoggi a forma di mezzo barile. Su uno appoggio l'ala accorciata a 4 metri, che supera di parecchio l'asina davanti e dietro, sull'altro metto imbrago ed accessori. Con la mia preziosa compagna risalgo il sentiero fino al passo di Lanza dove mi aspetta un buon rifugio presso l'alpeggio. "Avanti Bianca” e rido nel veder avanzare a passo lento questa simpatica asina. Questa sarà l'unica eccezione al principio della non-assistenza che mi sono dato prima di partire. Cento volte ho rifiutato l'aiuto che persone compassionevoli mi offrivano, non volevo che venisse consumato, per il trasporto mio o della mia ala, nemmeno un centilitro di benzina. Bianca mangia solo erba: come potevo resisterle? Al rifugio di Lanza l'apparizione di questo energumeno a torso nudo che canta a squarciagola seguito da un'asina bizzarramente bardata e caricata con un tubo interminabile fa sbalordire.
L'aiuto di Bianca si ferma qui: per la parte più scoscesa che resta da coprire, farò io stesso l'asino, cosa che non mi pone alcun problema, tanto sono in forma.
La riporto al proprietario. In effetti ci ritorna da sola. Appollaiato sulla sua schiena mi lascio portare dal suo passo lento lungo la strada, con un piede in ognuno dei barili, suono l'armonica e canto qualche canzone. C'è la luna piena. "Piano Bianca, piano. Vai con calma, questo è un momento indimenticabile".
La folle traversata delle Alpi - Oltre la meta, 2 Settembre 93
Sorvolo Tarvisio, ultima città italiana prima della Slovenia, mi serve un'ultima termica fino a base nube per arrivare in paradiso.
Ho paura. Paura di non trovarla e di dover atterrare in questa regione ostile dove le montagne sono interamente coperte di alberi ed impediscono ogni decollo.
Concludere un così bel viaggio a piedi e passare la frontiera con l'ala sulle spalle sarebbe un orrore. Più mi avvicino alla Slovenia dove già arriva il mio sguardo, più perdo quota. Che fare? L'ultima valle che devo attraversare non ha neanche un cumulo. Dopo qualche esitazione faccio dietro front e torno a cercare la termica vicino al pendio all'altezza degli alberi. Di colpo una gran scossa: ne ho presa una. A oltre 5 metri al secondo, lasciando allegramente una mano per fare delle foto e immortalare questo momento eccezionale, salgo fino a base nube. Il passaggio della frontiera non è più che una formalità che compio con gioia e cantando. Le condizioni sono così buone che volo fino a Jesenice, dopo aver sorvolato Kranjiska Gora. Qui, come la conclusione di uno spettacolo teatrale, un velo di cirri invade il cielo, il vento cambia direzione e si mette di fronte. Sono le 17: un terreno incolto si rivela perfetto per l'ultimo atterraggio. Arrivano i bambini. La comunicazione è difficile.
Con l'armonica suono l'aria di una canzone italiana che per caso loro conoscono. Cantano senza capire l'esuberanza di questo straniero venuto dal cielo...
Felice!
Bibliografia
Hobby Volo n.18 Gennaio-Febbraio 1993, n.28 Marzo 1994
Volare Sport - vari numeri dal 1991 al 1994
http://www.altovolo.it/didier.htm
KAP444 di Pierandrea Patrucco
A volte il Sogno non si presenta a noi come vogliamo e come ce lo immaginiamo...
A volte la realtà è molto più dura di quanto siamo in grado di sopportare...
A volte si pensa di non riuscire proprio più ad andare avanti...
A volte ci sono gli amici, i sostenitori e tutti quelli che hanno scelto di sognare, soffrire e gioire con me. Mi vergogno davanti ai vostri occhi ad ammetterlo ma la sorte, spesso inclemente, mi ha messo molto duramente alla prova: ho pensato seriamente di mollare. Quando ho parlato di questa possibilità con chi teneva i contatti con me ho capito che sarebbe stato quasi un tradimento nei vostri confronti. Non potevo tirarmi indietro senza uccidere il vostro Sogno oltre al mio... Grazie, mi avete fatto capire qual era l'unica strada che potevo seguire: andare avanti sino alla conclusione del viaggio, in qualsiasi modo.
La sorte (soprattutto meteorologica) che mi è stata profondamente avversa per tutto il viaggio mi (ci) ha premiato con un bel volo dalla Alpi al mare, il volo conclusivo, il volo migliore di tutti.
Sarebbe stato bello dire che ho fatto grandi voli, record, che ho superato tutte le difficoltà tranquillamente senza avere bisogno di aiuti, nella realtà ho fatto pochi bei voli, molte planate, molti buchi, molta fatica, molte volte non sapevo dove poter ridecollare, ho chiesti aiuti e consigli molte volte. Quando ho chiesto qualcuno mi è sempre venuto incontro, mi ha concesso l'aiuto necessario, mi ha dato le informazioni necessarie per proseguire, mi ha dato il sostegno morale e spirituale per sopportare la sorte e la meteo a volte inclementi: è stato un grande insegnamento di vita.
Come dicevo sin dall'inizio quest'avventura non è di plastica, non è di un superuomo, è effettivamente stata a rischio di non riuscire, di non concludersi. Un'avventura forse piccola, umana ma vera. Vera come chi l'ha concepita anni fa: Didier, l' ho sentito con me per tutto il viaggio, quando ero in dubbio, confusione e non sapevo come fare ad andare avanti cercavo di immaginare cosa avrebbe pensato o fatto Lui.
Alla fine l'avventura si è conclusa bene dopo essere stata completata, molto più sofferta di quanto avrei mai potuto immaginare ma per questo, forse, ancora più mia.
Vorrei concludere sottolineando che il Volo Libero si è ampiamente meritato la mia fatica, i miei rischi e tutto quello a cui sono, deliberatamente, andato incontro. Spero che possa dare spunti di riflessione a tutti noi che voliamo, che ci aiuti a sognare, anche quando il sogno ci costa molto... Spero che i giornalisti possano scrivere qualcosa sul volo, quello vero, senza dover parlare di incidenti.
Il volo mi dà grande soddisfazione da 27 anni, quest'avventura me ne ha data molta, nonostante la sua rudezza, la voglia di sognare insieme a me e di vivere con molta intensità questa avventura da parte di molta gente, volante e no è per me una grande
soddisfazione e speranza.
Appena possibile preparerò una dettagliata relazione del viaggio che sarà disponibile così come i filmati relativi ad esso, promesso, come termine ultimo per il festival di St Hilarie.
Non ho grandi convinzioni religiose, ma penso che una persona viva sinchè vivono le sue idee e le sue azioni lasciano una traccia in questo mondo, sono contento perchè Didier e le sue idee sono ancora vivi e con noi e ci accompagneranno ancora per molto...
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